Giornata internazionale per l’eradicazione della povertà. Avere un’occupazione non basta per evitare di cadere in stato di indigenza.

Giornata internazionale per l'eradicazione della povertà

Giunge alla 29° edizione la giornata internazionale per l’eradicazione della povertà, appuntamento annuale fissato il 17 ottobre per commemorare la grande manifestazione svoltasi a Parigi nel 1987 su impulso del sacerdote Joseph Wresinski, occasione in cui una folla di 100’000 persone chiese di riconoscere nella povertà una violazione dei diritti umani.

Le Nazioni Unite in effetti hanno attribuito ancora recentemente una grande priorità al tema dell’eradicazione della povertà, dedicandovi l’Obiettivo 1 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU 2030.

Una particolare dimensione della povertà nel nostro Paese risulta preoccupantemente in ascesa ed è la condizione dei cosiddetti working poors. Secondo stime dell’Istituto europeo di statistica Eurostat, nel 2021 i lavoratori sotto la soglia di povertà relativa in Italia erano 2.6 milioni. Più recentemente anche un gruppo di esperti del Ministero del Lavoro si è occupato di quantificare il dato, ampliando i criteri di definizione della povertà rispetto a Eurostat e giungendo a una conclusione ancora più amara.

 

3 milioni di italiani sono working poors

I numeri della povertà lavorativa in Italia.

La povertà lavorativa è un fenomeno che riguarda le persone che, pur lavorando, non riescono a raggiungere un reddito sufficiente a soddisfare i propri bisogni primari. Riguarda principalmente le donne, i giovani e le persone con un basso livello di istruzione.

In Italia, questo fenomeno è molto diffuso, con oltre 3 milioni di lavoratori poveri, ovvero oltre il 13% degli occupati.

 

Alla base di questa condizione vi sono molteplici e complesse cause, imputabili in primis alla struttura del mercato del lavoro nel nostro Paese, caratterizzato da un’elevata eterogeneità. I lavoratori dell’economia sommersa, con contratti precari, a termine, a chiamata e a bassa retribuzione attendono da tempo una più che necessaria riforma del mercato del lavoro che prenda la direzione di favorire la flessibilità, la produttività del lavoro e la competitività delle imprese italiane e anche garantisca maggiore tutela dei lavoratori, in particolare di quelli più vulnerabili, sempre più sconfortati dall’inefficacia della politica e dalle deboli contromisure dei sindacati.

Periodicamente, per esempio, si riaccende il dibattito sull’opportunità di introdurre o meno un reddito minimo universale – universal basic income – proposto come un’erogazione monetaria, a intervallo di tempo regolare, distribuita a tutte le persone indipendentemente dal fatto che lavorino o meno o, prevalentemente, in Italia si discute in cerca di un accordo sul salario minimo legale, da ridefinire a un livello adeguato a garantire un’esistenza dignitosa.

Nelle ultime settimane anche la Corte di Cassazione si è espressa sul tema, ricalcolando le retribuzioni di alcuni dipendenti in causa con le aziende presso le quali sono impiegati. La Corte ha fissato il salario al di sopra della soglia accordata ai lavoratori e prevista per contrattazione nazionale, affermando in due sentenze che sul contratto nazionale prevale l’articolo 36 della Costituzione, che recita: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Una direzione della Corte che conferma un’urgenza di intervento in merito alla questione della bassa retribuzione, diffusa e rilevante.

 

Donne, giovani, persone scarsamente istruite costituiscono la gran parte di working poors

Chi sono i lavoratori più esposti al fenomeno? I profili dei working poors: donne, giovani, persone scarsamente istruite.

Anche le situazioni personali incidono. La discriminazione in base al genere, all’etnia, alla religione o alla disabilità ostacola ancora pesantemente l’accesso al lavoro e limita le possibilità di carriera. La presenza di carichi familiari e la concomitante assenza di adeguate misure di sostegno alla conciliazione tra lavoro e famiglia, per esempio, pesano molto nel relegare le donne a forme di attività remunerate che non consentono di uscire dalla soglia della povertà.

Si apre un circolo di indigenza che si autoalimenta, escludendo i soggetti più esposti e le loro famiglie dalla possibilità di accedere all’istruzione e formazione necessarie per la mobilità sociale. Migliori investimenti in formazione e inclusione sociale sono quindi fondamentali per favorire l’accesso al lavoro e l’avanzamento delle condizioni di vita delle persone più vulnerabili, di pari passo con misure di sostegno come l’aumento dei congedi parentali e l’introduzione di orari di lavoro flessibili.

 

A tutti gli attori sociali e alla politica è richiesto un grande impegno per contrastare gli effetti della povertà lavorativa nel nostro Paese. Una risposta concertata è quanto mai opportuna soprattutto per arrestare la discesa al di sotto della soglia di povertà di ulteriori lavoratori e lavoratrici.

Il blog di questa settimana si propone di far luce sulle cause e sulle soluzioni del fenomeno della povertà lavorativa in Italia, come sempre nell’intento di aprire un dialogo con i lettori e stimolare la curiosità di approfondire le tematiche sociali affrontate. Ampliando però la prospettiva, è giusto addentrarsi anche in tematiche generali e di portata globale sul tema della povertà. Nell’ottica di costruire una società più giusta e inclusiva, in cui tutti possano avere l’opportunità di lavorare e di vivere dignitosamente, il tema generale offerto alla discussione collettiva in occasione della giornata internazionale per l’eradicazione della povertà è: “Agire insieme per ottenere giustizia sociale e ambientale per tutti”. Due questioni ampiamente discusse e al centro del lavoro dell’Ufficio Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Alba, di cui puoi trovare riscontro e soprattutto sulle quali ti invitiamo a partecipare alla discussione attraverso i nostri canali social. FB: upsl.diocesi.alba – IG: pastoralesocialelavoro.alba