In Italia il lavoro di breve durata a carattere di stagionalità è prevalente nel contesto dell’occupazione agricola. Se negli anni, infatti, abbiamo assistito a una riduzione del numero di addetti in agricoltura, alla mancanza di queste figure si è facilmente sopperito ricorrendo alla popolazione migrante. Questi lavoratori, spesso sottopagati, sono talvolta sottoposti a condizioni lavorative e abitative fortemente inique, sulla leva della loro pregressa vulnerabilità.
Quando non conosci i tuoi diritti e non puoi vivere nella cornice della legalità, sei costretto ad accettare situazioni grigie, se non nere. Così accedi alla difficile posizione di bracciante agricolo stagionale e questo, in Italia, significa sfruttamento e illegalità diffusa.
Tra il datore di lavoro e il lavoratore agricolo si frappone sovente la figura del caporale: in cambio di una parte del compenso, il caporale arruola la manodopera, ne stabilisce i salari – al di sotto, ovviamente, dei minimi da tariffa contrattuale – e arriva a gestire anche il trasporto sul luogo di lavoro e l’accomodamento abitativo. Domanda e offerta di lavoro si incontrano, in alcuni contesti, grazie all’attività illecita dei caporali.
Non esistono dati statistici ufficiali che possano fotografare la reale entità e diffusione del fenomeno del caporalato. A volte il lavoratore è sprovvisto di alcun tipo di tutela contrattuale e altre risulta occupato in maniera parzialmente regolare rispetto all’effettivo lavoro prestato. Le stime, inevitabilmente per difetto, attestano la presenza sul suolo nazionale di oltre 230.000 persone in condizione di sfruttamento nel comparto agricolo.
Pensando al fenomeno del caporalato, prima di viaggiare con la mente verso i campi di pomodori pugliesi, guarda fuori dalla finestra. Afferma Gazzetta d’Alba, sulla base del più recente reportage, che sulle colline Unesco il fenomeno dell’intermediazione di manodopera è molto radicato, predominante in certi periodi. Dall’inizio dell’anno sono state almeno una trentina le situazioni lavorative non a norma, cui ha fatto seguito denuncia per sfruttamento dei lavoratori agricoli. Tra i vigneti di Langhe e Roero, il caporalato affligge particolarmente lavoratori extracomunitari di origine africana.
Un mondo del lavoro più giusto e dignitoso si costruisce tramite azioni repressive e alternative legali. Contrastare lo sfruttamento lavorativo è un compito arduo sulle spalle delle istituzioni, delle imprese e delle parti sociali. Con un impegno comune, uscire dallo sfruttamento sarà possibile, agendo sul fronte del contrasto al fenomeno e della prevenzione. Ad Alba si sono svolti diversi incontri tra il nostro Vescovo Mons. Brunetti e il Sindaco della città Carlo Bo, grazie ai quali è stato avviato un tavolo di lavoro per affrontare urgentemente l’emergenza del Centro di prima accoglienza di via Pola. La tematica è complementare al problema del lavoro stagionale irregolare: infatti nel centro, chiuso ad agosto per lavori di manutenzione e poi occupato abusivamente, alcuni ospiti oggi vivono in condizioni del tutto inadeguate con materassi accampati all’esterno sui quali riposare e cassonetti stracolmi di rifiuti.
La società civile e le istituzioni coinvolte lavorano all’elaborazione di una strategia di contrasto dello sfruttamento lavorativo e di ripristino di una condizione di vita dignitosa, declinata in base alla specificità del territorio e soprattutto sul medio-lungo termine.
Arginare le criticità è fondamentale, crediamo, tanto quanto pianificare ad acque tranquille una condotta mirata a rafforzare le buone prassi che disincentivano il dilagare di fenomeni di sfruttamento. Nel vigilare e diffondere informazione, ogni messaggero di giustizia sociale può prendere come riferimento l’Obiettivo 8: lavoro dignitoso e crescita economica. L’Agenda 2030 colloca il lavoro dignitoso per tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici al centro delle politiche per lo sviluppo e per una crescita sostenibile e inclusiva. Come Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro abbiamo chiesto lo stesso a tutte le parrocchie e la comunità diocesana. La proposta 4 del Decalogo di conversione alla sostenibilità che il nostro Ufficio ha prodotto recita: “L’attenzione alla persona deve manifestarsi col pagamento dei lavoratori direttamente assunti dalle nostre realtà con regolari contratti di lavoro o forme previste dalla normativa e che ne garantiscano sempre la dignità”.
La Chiesa cattolica è impegnata a combattere la schiavitù moderna e a promuovere la libertà e la dignità di ogni persona umana a ogni livello. Altre risorse di respiro nazionale sono assicurate dal lavoro del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha l’obiettivo di promuovere la giustizia, la pace e lo sviluppo umano integrale. Il Dicastero, istituito da Papa Francesco nel 2016, ha anche un programma specifico per combattere la schiavitù moderna, che prevede la formazione di operatori di campo, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e il sostegno alle vittime di situazioni di sfruttamento lavorativo.
Garantire accesso a tutti in modo equo alla ricchezza e alle opportunità che una società può offrire è la definizione di giustizia sociale. Se credi che così dovrebbe essere il nostro mondo e la nostra eredità alle generazioni future, ora hai qualche risorsa in più per leggere la realtà circostante che talvolta si tende a nascondere e per farti promotore di giustizia sociale.
Puoi rimanere sempre aggiornato sui progetti e sulle iniziative dell’Ufficio in tema di giustizia sociale seguendoci sui social! FB: upsl.diocesi.alba – IG: pastoralesocialelavoro.alba