A lavoro ancora si muore. È tragica la situazione italiana… inaccettabili le condizioni a cui queste vite sono perse.

Basta morti sul lavoro. La strage continua

Creatività, dignità, sostegno, relazioni e impegno. Sono molte le sfumature che appartengono al lavoro per gli individui. Quella che mai vorremmo vedere associata è la dimensione del dolore e della morte. Eppure non accenna ad arrestarsi la conta delle vittime, anche mortali, di incidenti sul lavoro in Italia.

Parafrasando l’intervento di Papa Francesco in udienza con l’Associazione nazionale dei costruttori edili nel 2022, è inestimabile agli occhi di Dio il valore della custodia delle risorse umane, impegno entro il quale rientra anche la tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro e che per questo dovrebbe risultare questione altrettanto inestimabile agli occhi del “vero imprenditore”. Un appello che più spesso del dovuto viene disatteso. Purtroppo i morti sul lavoro in Italia nel 2022 sono quasi 3 al giorno

 

Al di fuori di questo allarmante bilancio esistono poi i decessi di lavoratori dell’economia sommersa, che non avranno voce nel capitolo delle statistiche ufficiali. È l’ennesima vulnerabilità riversata sulle spalle dei lavoratori più esposti, in particolare stranieri e migranti, braccianti e stagionali. L’emergenza delle condizioni lavorative di queste categorie di persone è forte anche nel nostro territorio e per questo la diocesi di Alba ha rinnovato l’attenta collaborazione con le autorità cittadine per porre rimedio alla condizione di precarietà abitativa e sfruttamento lavorativo che investe le colline di Langhe e Roero.

Quando poi le statistiche includono la popolazione straniera che lavora nel nostro Paese, il dato è assai deprimente: l’incidenza di mortalità è più che doppia per i lavoratori stranieri rispetto ai colleghi italiani.

 

La provincia di Cuneo nella fascia arancione di rischio. I dati riferiti al 2022.

La provincia di Cuneo nella fascia arancione di rischio. I dati riferiti al 2022.

Perché si muore? Scarsa cultura della sicurezza e adesione alle norme di legge, esiguo investimento in formazione ma anche controlli inefficaci e pene poco severe o mai comminate. Non è affatto nostra intenzione generalizzare, ma questi elementi si ripresentano in molti casi di cronaca.

Il modo di agire più deleterio e costante è la non-azione, né preventiva né riparativa. A questa categoria si ascrive la minaccia di licenziamento di fronte alla denuncia di infortunio sul lavoro, resa nota dallo stesso addetto al taglio delle carni recisosi un tendine a Caraglio, nel dicembre 2016, presso un’azienda che si occupa di macellazione. È questo un caso in cui la disapplicazione delle norme di sicurezza sul lavoro in primis si manifesterebbe nella non curanza a fornire i dovuti dispositivi di protezione personale – in questo esempio, guanti metallici – cui fa seguito l’insistenza a insabbiare la questione sotto ricatto di estreme conseguenze personali per il ferito. Recentemente, nella provincia di Cuneo, gli incidenti sul lavoro hanno coinvolto Cherasco, Priocca, Diano d’Alba e, purtroppo, posto fine alla vita di un operaio di Busca a giugno, del titolare dell’emporio di abbigliamento andato a fuoco a Monticello d’Alba una settimana fa e del lavoratore stagionale della frutta, di nazionalità romena, precipitato per 20m a bordo del furgone con il quale rientrava dalla raccolta dei kiwi solo alcuni giorni fa. In rapporto agli addetti sono elevate le fatalità: ben 31 nella sola provincia riferite all’anno scorso – e 5.909 infortuni – collocano la provincia Granda nella zona arancione secondo l’indicatore di rischio di morte sul lavoro e incidenza infortunistica confrontabile tra Regioni.

Ogni tanto… è strage. Dolorosamente vicino, questa volta, è toccato a Brandizzo. Ma cosa potrà cambiare l’ennesima tragedia? La commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia è presieduta da Chiara Gribaudo, che ha dichiarato: “La sicurezza non è un costo, è una priorità”. Questa affermazione trova tutti d’accordo, ma fatica a tradursi in cambiamenti concreti nelle politiche e nelle prassi.

 

La cultura della cura ci sembra una via accessibile da implementare nella nostra quotidianità per beneficiare collateralmente l’aspetto della tutela sui nostri luoghi di lavoro. Un modo di vivere e di relazionarsi che si basa sull’attenzione, sull’accoglienza e sulla solidarietà nei confronti di se stessi, dell’altro e del Creato e pone al centro il benessere fisico, psichico e spirituale. È un punto di partenza efficace, crediamo, per sostenere nella comunità il senso di giustizia e l’inclinazione a premurarsi di stare bene, crescere e migliorarsi insieme. Come Pastorale Sociale e del Lavoro assumiamo come un dovere l’aiutare a diffondere la cultura della cura.

Che questa amara riflessione che affidiamo possa portare nelle vostre preghiere i morti sul lavoro e la situazione delle vittime potenziali, che ancora si possono salvare. Ogni successivo aggiornamento che potremo fornire sul nostro impegno a garantire condizioni di lavoro legali, dignitose e valorizzanti è sulle nostre pagine social. FB: upsl.diocesi.alba – IG: pastoralesocialelavoro.alba